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Blog – Gruppo MultiMedica

Alluce valgo: quella dolorosa “cipolla” al piede

Il termine “alluce valgo” indica quella deformità del piede, più frequente nel sesso femminile, caratterizzata da una deviazione dell’alluce verso l’esterno, verso le dita minori laterali. La causa più comune è biomeccanica: una cattiva funzione del piede che porta a sollecitazioni scorrette sull’alluce. Altre cause, molto meno frequenti, possono essere reumatiche, neurologiche e traumatiche.
Alluce valgo, dita a martello, metatarsalgia, sublussazioni e lussazioni articolari metatarsofalangee, borsiti, nevriti interdigitali sono tutte patologie che derivano da un’eccessiva o anomala pronazione dell’articolazione sotto-astragalica e fanno parte di uno stesso quadro patologico.

La sotto-astragalica è quell’articolazione fra le due ossa, astragalo e calcagno, che costituiscono il retro-piede, la parte posteriore del piede. Questa articolazione svolge normalmente funzioni fondamentali di ammortizzazione, di adattamento al terreno e di stabilizzazione del piede attraverso l’alternanza, nelle varie fasi del passo, di un movimento verso l’interno, detto pronazione, e di un movimento verso l’esterno, detto supinazione. La pronazione sotto-astragalica avviene normalmente nella prima fase del passo. Viene definita pronazione anomala una pronazione eccessiva o che si estenda anche alle fasi finali del passo non consentendo l’irrigidimento della struttura del piede e causando pertanto una destabilizzazione sia del retropiede sia dell’avampiede.
In questa condizione, le dita minori del piede, nel tentativo di stabilizzare l’avampiede, nel tempo si deformano a martello e i metatarsali centrali vengono sovraccaricati per la perdita di carico del 1° metatarsale e dell’alluce stesso che subisce una spinta a deviare lateralmente.

Una patologia dolorosa

La funzione scorretta del piede e delle dita e la loro deviazione porta a dolore, con varie caratteristiche. Esso può essere infatti dovuto sia alla tensione sulle parti molli dell’alluce (capsula articolare, legamenti, tendini) specie nelle forme iniziali, sia a compressione e sfregamento cutaneo per conflitto della sporgenza con le calzature, specie se a pianta stretta (ma negli stadi più avanzati anche calzature larghe, comode non vengono più tollerate), sia all’ usura cartilaginea e ossea, all’infiammazione dell’articolazione ed al conflitto dorsale e laterale fra la prima falange e la testa del 1° metatarsale per la sublussazione articolare nei casi più gravi.

Il dolore spesso non è correlato direttamente con l’entità della deviazione. In molti casi a una deviazione ancora modesta dell’alluce si associa una netta limitazione della mobilità dorsale dell’alluce e il dolore è causato dal conflitto dorsale fra la falange e la testa metatarsale e questo anche nel caso di utilizzo di tacco di 3-4 cm., figuriamoci cosa può avvenire con calzature con 7, 8 o 10 cm di tacco, magari a punta e pianta stretta, scollate, con presa solo sulle dita!! Calzature così “scorrette” non sono comunque di per se stesse la causa dell’alluce valgo, ma semmai il principale fattore aggravante e accelerante la deformità. D’altra parte anche calzature senza tacco (tipo ballerine o sneackers) possono essere altrettanto dannose quando, come causa o concausa della pronazione eccessiva del piede che porta come detto alla progressiva deviazione dell’alluce, vi sia una brevità della muscolatura posteriore del polpaccio e una insufficiente mobilità della caviglia verso l’alto, verso la gamba, come capita di riscontrare in oltre l’80% per cento dei pazienti affetti da patologie dell’avampiede .

Ma il dolore può essere trattato e contenuto

Dopo quanto detto, si intuisce che per combattere il dolore da alluce valgo e da sovraccarico metatarsale o per cercare di frenare la progressione della patologia si deve innanzitutto utilizzare una calzatura idonea, costruita con un giusto dislivello fra l’appoggio del retropiede e quello dell’avampiede (fra i 2 e i 4 cm.), a pianta sufficientemente larga, con forti posteriori rigidi, tomaia morbida, priva di cuciture e suola costruita con materiali morbidi ed ammortizzanti. In molti casi anche un plantare antipronazione e ammortizzante può aiutare a contenere i disturbi e, nei casi meno avanzati, a impedire o quantomeno frenare l’evoluzione delle deformità delle dita. Per ottenere tutto questo, però, l’utilizzo di un plantare funzionale di qualità e di calzature corrette non può essere saltuario ma deve essere il più costante possibile.

Quando, invece, la deformità delle dita è più accentuata, un plantare non riesce più a controllare la situazione da un punto di vista funzionale e spesso, per questioni di ingombro, può addirittura esasperare il conflitto fra la calzatura, anche se comoda, ed un avampiede ormai deformato ed allargato.
In questi casi avanzati anche i tutori notturni di posizione dell’alluce, i cosiddetti divaricatori, non hanno più alcun senso (sempre ammesso che nei casi iniziali possano aver un ruolo di freno alla deviazione) mentre, fra i provvedimenti palliativi, sono più sensati quei protettori locali contenenti materiali ammortizzanti, silicone o simili, con la finalità di limitare lo sfregamento della sporgenza interna dell’alluce con le calzature, ad evitare possibili e temibili borsiti della zona.

Quando intervenire chirurgicamente

Quando la deformità dell’alluce supera determinati livelli e si associano sintomi non controllabili con provvedimenti incruenti si deve ricorrere ad una correzione chirurgica.
La correzione chirurgica può essere prevista anche in casi di deformità modesta, se accompagnata da perdita di mobilità dell’alluce, per cercare di restituire una corretta funzione all’alluce stesso.
Sicuramente non è consigliabile un intervento per soli fini estetici qualora l’alluce sia completamente asintomatico, caratterizzato da deviazione modesta e buona mobilità articolare.
Per valutare al meglio la situazione ossea e articolare sono fondamentali, oltre a un accurato esame biomeccanico del piede e della deambulazione, radiografie eseguite in carico sulle quali si valutano i gradi di deformità e si sceglie e pianifica il tipo di intervento chirurgico correttivo più adatto al singolo caso.
Esistono, in effetti, molte tecniche chirurgiche alcune delle quali, fonte in passato di frequenti recidive della deformazione o di alluce non funzionale, sono state ormai fortunatamente abbandonate.

Gli interventi che maggiormente utilizzo presso l’IRCCS MultiMedica di Sesto San Giovanni sono le osteotomie (sezioni dell’osso) distali del primo metatarsale, con tutte le loro varianti, che consentono di riallineare l’alluce, di riportare in corretto carico il primo metatarsale e di ridare una soddisfacente mobilità all’alluce. Dal giorno dopo l’intervento il paziente può camminare utilizzando però, per circa un mese, una pantofola speciale che consente di scaricare l’appoggio dell’avampiede.
Nei casi di maggiore deformità e quando l’articolazione è ormai compromessa, artrosica, ricorro invece all’artrodesi dell’alluce che, eliminando l’articolazione usurata e bloccando l’alluce in una posizione corretta, consente di sopprimere in via definitiva il dolore, evita recidive e porta a una buona ripresa del carico del primo raggio del piede. Tale intervento ha un decorso postoperatorio un po’ più lungo ma fornisce risultati duraturi e di piena soddisfazione per il paziente. L’unica limitazione dopo tale intervento è l’obbligo di utilizzo di calzature con tacco di 2-3 cm., né più, né meno.

Il mio consiglio è comunque di diffidare da sbandierati interventi mini-invasivi, caratterizzati sì da incisioni di pochi millimetri, ma che vanno spesso a discapito della precisione, hanno indicazioni molto limitate, portano a risultati spesso non duraturi e non sono scevri da complicanze anche serie.

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