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Blog – Gruppo MultiMedica

Colesterolo: cosa dobbiamo sapere

Molti pazienti chiedono al proprio Medico come comportarsi se i valori di colesterolo nel sangue risultano maggiori di 200 mg/dL, nel timore di soffrire di patologie legate in qualche modo a malattie vascolari. Abbiamo chiesto al Dr. Michele Lombardo, Responsabile Unità Operativa di Cardiologia dell’Ospedale San Giuseppe, quali siano i rischi legati all’aumento del livello di colesterolo, come curarlo e come prevenirlo.

I vasi arteriosi portano il sangue e l’ossigeno ai vari tessuti, in particolare al cuore e al cervello e se sono interessati dalla formazione di placche che ne restringono il diametro, possono dare luogo a varie malattie da ridotto apporto sanguigno. Cerchiamo allora di capire fino a che punto l’eccesso di colesterolo può risultare dannoso alla nostra salute e quali sono i rimedi per prevenire il danno sulle nostre arterie.
I grassi (o lipidi) sono composti insolubili in acqua e, per essere trasportati dal fegato, che li produce, ai vari organi dell’organismo, devono legarsi nel sangue ad alcune proteine trasportatrici: le più pericolose, in grado di determinare il maggiore danno sui vasi arteriosi sono quelle a bassa densità o LDL. Al contrario, quelle ad alta densità o HDL hanno la funzione di catturare il colesterolo dalle cellule periferiche e di riportarlo verso il fegato, svolgendo così una funzione di “spazzini”. Tuttavia, altri fattori, quali il diabete, il fumo, l’ipertensione, i trigliceridi e la familiarità per malattia coronarica possono amplificare di molto lo sviluppo della malattia aterosclerotica e la comparsa delle sue gravi complicanze cliniche (in primo luogo, l’infarto cardiaco o cerebrale).

Al contrario, il colesterolo-HDL esercita un’azione protettiva sulle arterie.
Un’eccessiva concentrazione dei grassi nel sangue è definitiva in medicina con il termine dislipidemia.
Le dislipidemie primitive sono le più frequenti e sono conseguenti ad alterazioni di uno o più geni, con prevalenza (penetranza) maggiore o minore nei diversi componenti della stessa famiglia. Esse devono essere identificate e trattate adeguatamente.

I valori anormali delle principali componenti lipidiche sono:

Colesterolo-LDL > 130 mg/dl
Colesterolo totale (CT) > 200 mg/dL
Trigliceridi (TG) > 150 mg/dL
Colesterolo HDL Uomo < 40 mg/dL Donna < 50 mg/dL

I rischi legati all’aumento del colesterolo

Le patologie cardio-vascolari su base aterosclerotica (sindromi coronariche acute e croniche, arteriopatia obliterante degli arti inferiori, ictus) sono molto più frequenti nelle persone con aumento patologico del colesterolo-LDL, specie se associato al diabete, ai trigliceridi e alla riduzione del colesterolo buono (HDL). Questi pazienti sono spesso ipertesi e in sovrappeso, con aumento del grasso addominale.

Questa condizione è definita “sindrome metabolica”: le lipoproteine-LDL risultano più piccole e dense e perciò capaci di entrare più facilmente nella parete delle arterie, dove determineranno la formazione di placche che nel tempo potrebbero accrescere il loro volume o, peggio, creare fessure nelle arterie esponendo il sangue circolante al contatto di sostanze che normalmente non lo incontrano e che danno origine alla formazione di un trombo; quest’ultimo provocherà il blocco dell’afflusso di sangue e di ossigeno, che come conseguenza diretta causerà l’infarto dell’organo rifornito dal vaso sanguigno occluso.

Il colesterolo, da solo, non può definire accuratamente la probabilità di malattia negli anni successivi.

Altri fattori devono essere tenuti nella dovuta considerazione:

  1. Il diabete
  2. L’ipertensione
  3. Il fumo
  4. L’aumento della massa del cuore
  5. La presenza di placche sulle carotidi
  6. La presenza di proteine nelle urine
  7. La riduzione della funzione cardiaca e di quella renale.

Di conseguenza, l’obiettivo della terapia nel ridurre i valori di colesterolo deve essere tanto più deciso quanto maggiore risulta il profilo di rischio del singolo individuo.

Se riduciamo il colesterolo, possiamo diminuire il rischio di malattia?

La risposta è sicuramente affermativa ed è sostenuta da tutta una serie di studi. La scelta terapeutica deve essere guidata dal corretto inquadramento del rischio cardio-vascolare del paziente.  Gli interventi sullo stile di vita e l’alimentazione sono indispensabili. Se questi non ottengono un’efficace riduzione dei livelli di colesterolo, deve essere iniziata la terapia farmacologica, in genere con una statina (ma vengono utilizzati anche altri farmaci: l’ezetimibe, la niacina, la colestiramina). La dose deve essere basata sui livelli iniziali di colesterolo e sul profilo di rischio del paziente.
Raramente, in corso di terapia può comparire dolore muscolare e aumento di alcuni enzimi nel sangue. In tal caso, occorre sospendere il farmaco o ridurre il dosaggio.

Le ipertrigliceridemie, cioè la presenza in modo anomalo di trigliceridi nel sangue, rispondono meglio alle modifiche dello stile di vita, in particolare alla dieta ipolipidica e alla limitazione del consumo di alcol; tuttavia, nel caso di un mancato effetto terapeutico occorre impiegare i fibrati e gli acidi grassi omega-3.

Qualche consiglio pratico

Affidarsi solo ai farmaci senza seguire un corretto stile di vita e una dieta corretta non è consigliabile.

Infatti, è altrettanto importante:

  1. ridurre il sovrappeso e l’iperglicemia;
  2. controllare i valori della pressione;
  3. sospendere il fumo;
  4. aumentare l’attività fisica ad almeno 30 minuti di cammino veloce al giorno.

Sul piano della dieta occorre:

  1. consumare poco sale;
  2. ridurre l’assunzione di grassi animali;
  3. aumentare quella di fibre legumi, vegetali, frutta e cereali;
  4. condire con olio d’oliva o di mais (niente burro e margarina);
  5. consumare pochi alcoolici (massimo 1 bicchiere di vino rosso per pasto);
  6. evitare gli zuccheri semplici (a differenza di quelli complessi contenuti nella pasta, pane, riso, meglio se integrali).

Quella che viene definita “dieta mediterranea” trova ora ampie conferme anche nelle più prestigiose riviste scientifiche internazionali.

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