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Blog – Gruppo MultiMedica

Dolore al seno, quando preoccuparsi

Dolore non significa per forza tumore

Il dolore al seno (mastodinia o mastalgia) è un sintomo molto frequente sia nelle donne in età fertile sia in menopausa. Nel primo caso è la sintomatologia tipica della sindrome premestruale: è un dolore ciclico e compare qualche giorno prima dell’arrivo delle mestruazioni, comunemente si accompagna a tensione o gonfiore della ghiandola mammaria. Può manifestarsi con una semplice sensazione di pesantezza, come un dolore sordo e continuo oppure si può presentare con fitte pungenti e trafittive, tipo stilettata. Di norma si risolve spontaneamente durante i primi giorni del flusso, di pari passo anche la tensione e il gonfiore si attenuano fino a scomparire. In alcune pazienti il dolore può presentarsi anche in concomitanza dell’ovulazione. La sintomatologia dolorosa può insorgere o accentuarsi anche con l’assunzione della pillola anticoncezionale, in questo caso di solito cessa nel giro di qualche mese o cambiando tipo di pillola.

Il dolore persistente, o mastodinia non ciclica, è invece più caratteristico dopo i 40 anni e in menopausa, può durare diverse settimane, la causa non è ben identificabile ed è indipendente dal ciclo ormonale.

Non sempre la mastodinia è bilaterale, a volte il dolore si localizza in punti precisi in un solo seno. In alcuni casi può essere provocato da nevralgie intercostali o traumi accidentali. Un reggiseno troppo stretto o troppo largo può peggiorare la sintomatologia. Anche in gravidanza il dolore è provocato dallo stimolo ormonale, dopo il parto è dovuto alla montata lattea mentre durante l’allattamento può essere legato alla presenza di una mastite. In quest’ultimo caso la cute è arrossata in corrispondenza della zona dolente e può esserci anche la febbre.

La comparsa di un dolore mammario persistente è tra le motivazioni principali che spingono una donna a eseguire una visita specialistica dal senologo, perché generalmente teme la presenza di un tumore. Innanzitutto va detto che è corretto eseguire una visita medica di fronte a un sintomo diverso dal solito, anche se i tumori, in fase iniziale, non provocano dolore al seno se non in casi rarissimi. Le statistiche dimostrano infatti che nelle pazienti con mastodinia, meno dello 0,5% ha una lesione maligna, mentre quasi il 15% ha lesioni benigne come cisti e fibroadenomi.

Pertanto, se da una parte il dolore mammario non deve provocare eccessivo allarmismo, dall’altra è noto che la diagnosi precoce di tumore al seno è la miglior forma di prevenzione e la principale opportunità di poter ottenere una guarigione definitiva.

Allora quali sono i segnali che possono fare sospettare un tumore al seno?

In primis, il riscontro di un nodulo mammario di consistenza dura, una retrazione cutanea o del capezzolo, la pelle “a buccia d’arancia”, le secrezioni ematiche: sono queste le anomalie più frequenti che possono far sospettare un tumore maligno.

Ricordiamo che il tumore al seno è il principale per incidenza insieme ai tumori al polmone. Nonostante questo, grazie ai progressi della medicina, le probabilità di cura e guarigione sono oggi molto aumentate rispetto al passato e ciò è dovuto principalmente a due fattori: la diffusione dei programmi di screening e le maggiori conoscenze delle caratteristiche biologiche del tumore che hanno reso disponibili molti nuovi farmaci.

In Lombardia, in particolare, lo screening per il tumore al seno, effettuato con la mammografia, viene offerto gratuitamente ogni due anni alle donne tra i 50 e i 74 anni perché in questo gruppo si riscontrano oltre l’80% dei tumori della mammella. La mammografia è un esame radiografico che consente di identificare precocemente la presenza di lesioni maligne, anche quelle non ancora palpabili. Viene effettuata in due proiezioni radiografiche, sia dall’alto sia lateralmente, inoltre nei programmi di screening le immagini vengono valutate separatamente da due radiologi per garantire una maggiore affidabilità della diagnosi.

Per le donne sotto i 50 anni, la mammografia andrebbe eseguita a partire dai 40 anni ogni 12-24 mesi a seconda dei casi. Nelle pazienti con molti precedenti in famiglia di tumore al seno è consigliabile iniziare a 35 anni.

Tra gli strumenti diagnostici ricordiamo anche l’ecografia mammaria, che può essere eseguita a qualunque età: nelle ragazze o nelle donne giovani quando viene riscontrato un nodulo durante la visita senologica; nelle donne mature quando si riscontra qualcosa di sospetto alla visita e alla mammografia. L’ecografia è normalmente utilizzata in associazione alla mammografia nel caso in cui la struttura della ghiandola mammaria è molto densa e riduce l’accuratezza diagnostica della mammografia. Con la menopausa la ghiandola mammaria si riduce progressivamente di spessore e quindi la mammografia diventa molto più affidabile, in questi casi l’ecografia non è più indispensabile e sarà il radiologo o il senologo a consigliarla solo nei casi dubbi.

Un cenno anche alla visita senologica. E’ indicato eseguirla ogni anno, cominciando con i controlli dopo i 25 anni (prima dei 25 anni solo se la paziente sente qualcosa di anomalo). A questo proposito va ricordato che l’autopalpazione non sostituisce nè la visita specialistica nè gli esami strumentali: purtroppo ci sono donne che arrivano tardi alla diagnosi di tumore perché, facendo l’autopalpazione, non si accorgono della presenza di un nodulo patologico e pensando di non avere “niente” non si sottopongono regolarmente agli esami di screening.

Cosa succede quando si riscontra una lesione sospetta?

Dopo aver fatto la mammografia e l’ecografia mammaria, il passo successivo per avere la diagnosi di certezza è l’agobiopsia, che ha lo scopo di analizzare le cellule e i tessuti del nodulo. In questo caso la variabile “tempo” è fondamentale. Per questo presso l’Ospedale San Giuseppe abbiamo organizzato un percorso diagnostico che consente al senologo di consegnare l’esito dell’esame istologico alla paziente entro 3 giorni lavorativi. La consegna quasi immediata del referto non solo evita alla paziente attese snervanti e angoscianti, ma permette anche ai medici di impostare in tempi rapidissimi, in un’ottica multidisciplinare (radiologi, senologi, oncologi, anatomopatologi, radioterapisti), il piano terapeutico più adatto ad ogni singolo caso, consentendo ai chirurghi di intervenire immediatamente e di ridurre i casi in cui è necessaria la chemioterapia.

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