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Blog – Gruppo MultiMedica

Nuovo servizio di psico-nutrizione. Parola d’ordine: empowerment.

Il diabete è una malattia subdola, che non da sintomi evidenti, ma i cui effetti, qualora i livelli di glicemia non fossero controllati, sono fortemente invalidanti (neuropatia, nefropatie, retinopatie, patologie cardiovascolari, microangiopatie…). L’Istituto Nazionale di Statistica Italiano (ISTAT) stima che i pazienti adulti (età>18 anni) affetti da diabete (tipo 1 e 2) siano il 4,9% della popolazione italiana. Inoltre l’incidenza di questa grave malattia cronica sembra che sia destinata ad accrescere: l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) prevede che entro il 2025 il numero di persone con diabete potrebbe addirittura raddoppiare.

Esistono due tipi di diabete.

  • Il diabete di tipo 1, spesso definito “giovanile”, è dovuto a un mancante funzionamento delle cellule beta del pancreas, per cui l’insulina, la cui funzione è quella di ridurre la glicemia, non viene più prodotta. Per trattare il diabete di tipo 1 è quindi necessario ricorrere all’ausilio di insulina esogena, che a seguito di un attento e quotidiano monitoraggio della glicemia, deve essere iniettata ogni giorno e per tutta la vita.
  • Il diabete di tipo 2 non dipende dal mancato funzionamento del pancreas, ma dall’incapacità dei tessuti di rispondere correttamente ai segnali dell’insulina, configurandosi quindi con un quadro di insulino-resistenza. Il diabete di tipo 2, ha una grande componente di familiarità, generalmente si sviluppa in età adulta ed è strettamente correlato alla presenza di sovrappeso o obesità.

Secondo i diabetologi i cardini per trattare il diabete sono:

  1. un’educazione alla gestione autonoma della malattia e dell’autocontrollo della glicemia a domicilio;
  2. una regolare ed equilibrata alimentazione;
  3. una regolare attività fisica.

In un’epoca di globalizzazione, di maggior informazione grazie alle nuove tecnologie, la possibilità di accrescere le proprie le conoscenze è indubbiamente aumentata, e ormai chi è affetto da una patologia cronica è spesso un “paziente informato”. D’altra parte, la possibilità di autodiagnosi e l’acquisizione di conoscenza attraverso i diversi siti internet dedicati alla medicina, non sono sufficienti a migliorare la prognosi delle malattie croniche o ridurre le patologie correlate. È invece riconosciuto che l’unico approccio veramente utile per trattare il diabete è l’educazione del paziente e il prendersi cura di lui a livello globale. Pertanto non si può parlare di “malattia diabetica”: piuttosto di “persona affetta da diabete”.

Visto che il trattamento del diabete è tra i più complessi fra le malattie croniche, e che i fattori psicosociali svolgono un ruolo importantissimo nella gestione della malattia, dal Settembre 2017 presso l’Unità di Diabetologia di MultiMedica è attivo un percorso psico-nutrizionale. Un medico psicoterapeuta e un nutrizionista affiancheranno l’equipe diabetologica per rendere ancora più mirato l’approccio terapeutico.

Il nutrizionista avrà il ruolo di aiutare ad avere un stile di vita alimentare adeguato, e quindi a mantenere o a raggiungere un peso corporeo ideale. Questo aspetto è particolarmente importante per i pazienti affetti da diabete di tipo 2, il cui eccesso di peso è strettamente correlato a un cattivo controllo della glicemia.
Lo psicoterapeuta avrà invece il ruolo di incrementare il senso di padronanza e di responsabilizzazione del paziente verso il proprio stato di salute, di supportarlo nelle diverse fase della malattia e di accrescere le sue capacità di autogestione.
È stato dimostrato che i pazienti affetti da diabete presentano un’alta frequenza di disturbi dell’umore, in particolare depressione, e di disturbi d’ansia, come fobie e disturbo d’ansia generalizzato. Tali patologie possono essere precedenti al diabete o secondari alla difficile accettazione della malattia stessa, ma, indipendentemente dalla causa, la loro presenza può influenzare l’adesione al trattamento e quindi correlarsi al mancato raggiungimento di buon equilibrio glicemico. Il medico-psicoterapeuta avrà in primo luogo il ruolo di identificare tali disturbi e secondariamente valutare il percorso terapeutico più idoneo. Il paziente potrà quindi essere seguito attraverso un percorso di supporto psicologico e, nei casi più gravi, gli potrà essere proposto un trattamento psicofarmacologico.

All’interno del percorso psico-nutrizionale del Servizio di Diabetologia saranno inoltre organizzati dei gruppi coordinati dallo psicoterapeuta insieme al nutrizionista o a un infermiere dedicato, dove verranno trattate diverse tematiche: la gestione dell’alimentazione e il corretto stile di vita, l’autocontrollo della glicemia, l’uso di presìdi medici per la misurazione della glicemia e per l’infusione dell’insulina, la gestione dello stress e dei comportamenti alimentari anomali. L’obiettivo di questi gruppi è quello di favorire l’empowerment, ossia il processo di valorizzazione dell’individuo, allo scopo di favorire una maggiore autodeterminazione e di accrescere la consapevolezza che la cura è nelle sue mani. I gruppi hanno inoltre lo scopo di creare una “condivisione emotiva” tra i partecipanti: la possibilità di condividere problematiche comuni permette agli utenti di rinforzarsi reciprocamente e di stimolare la ricerca di nuove soluzioni.
La nascita di questo percorso psico-nutrizionale, con l’introduzione di un medico psicoterapeuta e di un nutrizionista intervallano dell’équipe multidisciplinare, favorirà nel paziente un miglior adattamento alle indicazioni dietetiche, insegnandogli a viverle senza frustrazione, e aiutandolo a comprendere come le attività di routine possano essere eseguite con tranquillità; aiuterà quindi chi è affetto da diabete a considerare le attività quotidiane di autocontrollo come abitudini automatiche, che fanno parte delle sue responsabilità, e a ridurre l’ansia reattiva ai controlli glicemici. Questi aspetti sono estremamente importanti non solo perché il paziente raggiunga un migliore equilibrio glicemico e per ridurre il rischio di patologie correlate, ma anche per migliorare le sue relazioni sociali, per mantenere una buona autostima, riducendo il senso di vergogna, di inadeguatezza e di diversità rispetto agli altri, a causa del suo stile di vita.

Maura Levi, Specialista in Psicologia clinica, Gruppo MultiMedica

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