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Blog – Gruppo MultiMedica

Come agiscono sul nostro cuore i Defibrillatori DAE?

Buongiorno dottore, sono ormai alcuni anni che vedo nei centri sportivi e nei centri commerciali la presenza di defibrillatori. Ne capisco l’importanza ma sono curioso sul loro funzionamento, mi potrebbe aiutare a capire come agiscono sul nostro cuore?

Risponde

Dr. Michele Lombardo, Direttore dell’Unità Operativa di Cardiologia,
Ospedale San Giuseppe – MultiMedica

Gentile signore,

I defibrillatori semi-automaticiDAE si vanno diffondendo nei Centri urbani per il trattamento in emergenza dei pazienti che presentano una perdita di coscienza, che si suppone possa essere causata da un’aritmia ventricolare grave, la fibrillazione ventricolare.

In questa condizione, il ritmo cardiaco è regolato da numerosissimi battiti, superficiali ed irregolari, che determinano un arresto cardiocircolatorio.

Ma come si può intervenire efficacemente per interrompere l’aritmia in ambienti urbani, lontani da un Centro Cardiologico? Appunto, predisponendo una rete di DAE nel territorio e addestrando al loro uso il maggior numero possibile di Operatori, quali vigili urbani, poliziotti, volontari, oltre ovviamente a quanti operano nel sistema sanitario.

Per questi soggetti, il funzionamento del DAE è relativamente semplice: l’apparecchio è semiautomatico e, una volta acceso e applicate le 2 placche sul torace del paziente, è in grado di analizzare il ritmo cardiaco e quindi di indicare tramite un microfono se e quando premere il pulsante di erogazione di uno shock elettrico. In caso di fibrillazione ventricolare, si otterrà molto spesso l’abolizione del ritmo patologico e la ripresa di un ritmo cardiaco normale.

Occorre tenere presente, tuttavia, che non tutte le perdite di coscienza sono cardiologiche e non tutti gli arresti di circolo dipendono da una fibrillazione ventricolare, pertanto l’Operatore deve attenersi a quanto suggerito dal Device, mentre la manovra rianimatoria deve essere accompagnata da un’adeguata procedura di massaggio cardiaco esterno.

Per essere efficace, infine, occorre che l’intervento non venga effettuato oltre 15 minuti dalla perdita di coscienza, altrimenti il danno cerebrale può diventare irreversibile, anche in caso di ripresa di un ritmo cardiaco efficace.

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