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Blog – Gruppo MultiMedica

Coxartrosi. Conoscerla per curarla

L’artrosi dell’anca o coxartrosi è un processo degenerativo che colpisce lo strato di cartilagine che riveste la testa del femore e la cavità dell’anca (acetabolo). La cartilagine, in associazione al liquido sinoviale, rende scorrevoli e performanti le superfici ossee a livello delle articolazioni, riducendo l’attrito legato ai movimenti.

Quando la cartilagine si usura, i movimenti diventano meno fluidi, finché progressivamente, con l’assottigliamento del rivestimento cartilagineo, il movimento dell’anca si riduce fino a limitare le rotazioni dell’articolazione e rendere difficoltosa la deambulazione. L’evoluzione della patologia articolare diventa conclamata quando alle estremità dell’articolazione, per effetto dell’attrito meccanico, si producono degli speroni ossei chiamati osteofiti. Nelle fasi più avanzate anche la capsula articolare si ispessisce e i muscoli si retraggono fino a causare gravi deformità e notevole rigidità nei movimenti.

 

La coxartrosi è definita primaria o secondaria. Nelle forme primarie, non è possibile identificare una precisa causa d’origine, mentre nelle forme secondarie sono riconducibili vizi congeniti con anomala maturazione dell’articolazione quali: displasia o lussazione congenita dell’anca,  conseguenti deformità traumatiche del bacino, postumi di infezione dell’articolazione, degenerazioni dell’articolazione per patologie reumatiche autoimmuni (artrite reumatoide, lupus eritematoso, artrite psoriasica) o alterazione del circolo vascolare della testa femorale (osteonecrosi avascolare).

 

L’artrosi dell’anca si manifesta con dolore a livello dell’inguine che spesso si propaga anche alla zona interna del ginocchio. Inizialmente insorge camminando o dopo sforzi prolungati per poi attenuarsi con il riposo, mentre nelle fasi più avanzate tende a durare nel tempo. Il dolore è accompagnato dalla limitazione dei movimenti. I sintomi riferiti concomitanti più frequenti sono la rigidità e la limitazione nell’utilizzo dell’articolazione.
Il dolore avvertito è di tipo meccanico, cioè maggiore dopo l’esercizio fisico oppure quando si carica a lungo il peso sull’articolazione interessata. Una caratteristica importante del dolore è la sua evoluzione progressiva nel tempo con fasi intermittenti di acuzie e remissione che possono durare anni. Quando la coxartrosi diventa conclamata può risultare difficile uscire dalla vasca da bagno, accovacciarsi, infilare calze e scarpe o salire su una bicicletta.
Nella forma primaria di coxartrosi, l’invecchiamento gioca un ruolo predominante nell’usura della cartilagine articolari: la patologia è tipica nelle persone anziane, dopo la sesta decade di vita oppure riconducibile a persone sottoposte negli anni ad attività fisiche importanti con gli arti inferiori. Le forme secondarie invece possono colpire pazienti più giovani, anche di 30-40 anni.

I sintomi riferiti dal paziente sono di per sé tipici e possono già orientare verso una diagnosi corretta. L’esame obbiettivo e l’ispezione nel corso della visita ortopedica evidenziano una deambulazione viziata, spesso con un ritardo del passo dell’arto malato o più marcatamente con una zoppia. Il dolore prevalentemente è evocato in sede inguinale anteriore, limitando marcatamente le rotazioni, ed in minor misura in sede esterna (zona trocanterica) riferito come dolore gluteo. Nelle forme evolute o secondarie si può riscontrare una ipometria dell’arto inferiore, cioè una riduzione del tono e della massa della muscolatura glutea e della coscia.
Per una conferma del sospetto diagnostico e per ottenere un quadro preciso del danno articolare è necessaria l’esecuzione di alcuni esami radiologici quali la radiografia convenzionale (preferibilmente comprendente il bacino in carico), la risonanza magnetica nucleare (RMN) ed in certi casi la tomografia assiale compiuterizzata (TAC).

Nelle fasi iniziali della malattia, l’assunzione di antidolorifici o anti-infiammatori può alleviare e controllare il dolore. Se la degenerazione cartilaginea è ancora modesta è indicata una valutazione fisiatrica per trattamento riabilitativo di supporto dell’infiammazione e di biostimolazione cellulare e vascolotrofismo (magnetoterapia, tecarterapia, radar terapia).
Cicli infiltrativi intra-articolari con l’acido ialuronico cadenzati ogni 10-12 mesi effettuati con ecoguida possono dare molto sollievo e migliore la viscosupplementazione dell’anca rallentando molto il degrado della cartilagine e la progressione della malattia. Da qualche tempo sono proposte terapie di medicina rigenerativa che utilizzano fattori di crescita autologhi (cellule pluripotenti prelevate dal Paziente) con effetto stimolante per una riattivazione cellulare della cartilagine usurata. Il trattamento si ottiene al momento con 2 tecniche codificate utilizzando cellule ottenute dalla elaborazione di un prelievo del sangue del paziente (piastrinoaferesi PRP) oppure elaborando del grasso addominale ottenuto da una contenuta liposuzione del paziente (LIPOCELL). Con entrambe le tecniche si ottengono delle soluzioni che vengono infiltrate nell’articolazione dell’anca malata sotto controllo ecografico.

Solo se la coxartrosi non risponde favorevolmente ad un trattamento conservativo ed è causa invalidante si consiglia la chirurgia protesica. La componente protesica deve ripristinare un’anatomia corretta dell’anca, rimuovere gli osteofiti intorno all’articolazione che impediscono la libertà di movimento e sostituire le parti malate sia a livello dell’acetabolo che a livello della testa del femore, ripristinando una mobilità completa.

Oggi sono disponibili moderne tecniche chirurgiche con vie di accesso molto convenienti e talvolta mini invasive, che garantiscono un risparmio dei tempi di recupero postoperatori. Inoltre, l’evoluzione dell’ingegneria medica mette a disposizione impianti protesici di alto livello e sempre più performanti con comprovata compatibilità ed integrazione nell’osso ricevente. Ciò rende ragione di eccellenti recuperi funzionali spesso con ripresa alla normale vita di relazione fisica, lavorativa e sportiva in poche settimane o qualche mese.

 

Andrea Giovanni Berardi, Primario di Ortopedia U.O di Ortopedia e Traumatologia – IRCCS MultiMedica

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