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Blog – Gruppo MultiMedica

COVID-19: dal lavoro in team nascono le idee migliori

Esiste un legame tra la Chirurgia della Mano e la gestione dei pazienti colpiti da Covid-19?

Apparentemente no. Eppure, dalla necessità sempre più impellente di predisporre supporti di pronazione per i pazienti più gravi ricoverati nei reparti di Terapia Intensiva, è nata un’idea frutto di una grande collaborazione tra team diversi.
Ce la racconta nei dettagli il dr. Francesco Zanchetta, chirurgo che lavora nell’Unità Operativa di Chirurgia e Riabilitazione della Mano – diretta dal Prof. Giorgio Pajardi – una delle Eccellenze del nostro Gruppo, con più di 8.000 pazienti trattati ogni anno.

Innanzitutto dr. Zanchetta, ci può spiegare cosa si intende per pronazione e perché spesso i pazienti Covid-19 necessitano di questa pratica?

La pronazione consiste essenzialmente nel mettere a pancia in giù i pazienti, ed è una pratica abbastanza frequente in questo momento per i pazienti affetti da polmonite da Covid-19, proprio perché, per le caratteristiche di questa patologia, in posizione prona questi pazienti hanno degli scambi gassosi migliori, quindi hanno un notevole beneficio.
I pazienti che necessitano di una pronazione sono quelli più gravi, intubati, profondamente sedati e curarizzati. Il fatto solo di pronarli è una pratica delicata, ci vogliono 5 persone per girarli. Una volta girati, però, bisogna mantenere la posizione corretta della testa e di tutti i device e i dispositivi di ventilazione. Per fare questo, abbiamo necessità di supporti appositi, i cosiddetti supporti di pronazione.

Che cos’è esattamente un supporto di pronazione?

Si tratta essenzialmente di supporti che vengono posizionati per stabilizzare la testa dei pazienti, nel momento in cui vengono pronati. Questi supporti rendono la pratica più agevole e soprattutto consentono di monitorare la posizione corretta dei tubi della ventilazione e dei vari device, controllando costantemente la loro situazione.
Il problema nasce dal fatto che questi supporti esistono in commercio, ma sono utilizzati raramente nella pratica clinica.
Vengono impiegati tendenzialmente per due motivi: nel caso di un intervento con anestesia generale che richiede di mettere il paziente prono durante l’intervento, come ad esempio succede spesso negli interventi di neuro-chirurgia, oppure in caso di polmoniti, o di quadri respiratori simili a quelli causati dal Covid-19, che però in tempi normali sono decisamente rari.

Cos’è successo quando è scoppiata l’emergenza Covid-19?

Quando è scoppiata la pandemia, ci siamo trovati davanti ad un improvviso afflusso di pazienti, molti dei quali purtroppo con sintomi respiratori gravi e con un quadro tale da richiedere la pronazione, che dura anche diverse ore, tendenzialmente dalle 12 alle 16 ore. Basti pensare che circa il 50% dei pazienti, o comunque una buona quota dei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva, hanno bisogno di qualche fase di pronazione. Ci siamo quindi trovati nella necessità di un numero sicuramente più elevato di supporti e soprattutto nella necessità di ottenerli nel più breve tempo possibile.

A questo punto, vi è venuta un’idea…

Esatto. Noi qui, nel reparto di Chirurgia della Mano, abbiamo dei fisioterapisti che tutti i giorni, con un materiale particolare, costruiscono dei tutori per i nostri pazienti. Si tratta di un materiale leggero ma resistente e soprattutto molto duttile, che ha sostituito da noi il gesso tradizionale. Un fisioterapista abile nel maneggiarlo può costruire qualsiasi cosa con questo materiale.
Da qui, l’idea di utilizzarlo per realizzare dei supporti di pronazione simili a quelli che ci sono in commercio, imbottendoli poi con del materiale soffice, come ad esempio del cotone di Germania, che noi normalmente utilizziamo per le medicazioni. In questo modo è quindi possibile pronare i pazienti, facendo in modo che la testa poggi sul materiale soffice in modo omogeneo e non si formino ulcere da pressione al viso, e allo stesso tempo si permette il passaggio di tutti i tubi di ventilazione e il monitoraggio del posizionamento di questi device, rendendo sicura la pronazione.
Si è rivelato un metodo di produzione molto veloce, quindi perfetto per la nostra esigenza: i fisioterapisti della mano, che da noi sono veramente molto abili nel maneggiare questo materiale, nel giro di 20/30 minuti sono in grado di produrne uno praticamente dal nulla.

Dunque, un esempio di come il lavoro in team e la collaborazione tra reparti può dare grandi risultati.

Assolutamente. Un ottimo lavoro di team, di tutti, dal primo all’ultimo. Da noi che abbiamo lanciato l’idea – a questo proposito vorrei ringraziare la dr.ssa Muriel Verweij con la quale è stata partorita l’idea iniziale – al Prof. Giorgio Pajardi, Direttore dell’UO di Chirurgia della Mano, che l’ha subito condivisa anche con il reparto dell’Ospedale San Giuseppe, passando dall’apporto indispensabile degli anestesisti della Terapia Intensiva, tra cui il dr. Davide Salaris e il dr. Giorgio Aldegheri, che hanno sostenuto ed incoraggiato l’idea stessa, fino ai fisioterapisti che l’hanno realizzata. Per non dimenticare il Comitato Etico e tutti quelli che si sono mossi, la dr.ssa Carmen Sommese in primis, per fare in modo che venisse approvata il prima possibile.

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