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Blog – Gruppo MultiMedica

Dallo sport la spinta per guarire

Non posso rinunciare allo sport. Quando mi hanno detto che l’intervento all’anca era l’unica soluzione per tornare a praticarlo, non ho esitato un solo istante.

La consapevolezza di trovarsi nel posto giusto e nelle mani giuste può essere la spinta giusta per accettare di affidare il proprio corpo a un chirurgo. È quanto successo a Daniele, che, persuaso dalla competenza medica e dall’organizzazione della Struttura cui si era rivolto, non ha avuto dubbi sulla necessità dell’intervento propostogli: “Ho sempre praticato sport, dal nuoto a livello agonistico nazionale, allo sci, all’alpinismo. Non posso rinunciarvi. Perciò, quando mi è stato prospettato un intervento chirurgico come unica soluzione al mio problema all’anca, non ho esitato”.

Daniele, come è finito in ospedale?

Sono sempre stato uno sportivo, quindi abituato a non dar peso a qualche dolorino dopo l’attività fisica. In più, con il passare degli anni, ho pensato fosse logico che il fisico non recuperasse immediatamente. Ma quando un dolore continuo all’altezza dell’inguine, a destra, non sembrava volesse passare, non permettendomi neppure di riposare come prima, ho deciso di indagare più a fondo. Il medico, in prima battuta, mi aveva prospettato un’ernia inguinale, ma gli accertamenti diagnostici non gli hanno dato ragione. Perciò si è passati alla seconda ipotesi, e cioè un problema muscolo-scheletrico. Così è stato: dagli esami effettuati sono risultato affetto da coxartrosi primitiva, una patologia dell’anca dovuta all’usura dell’articolazione, e il dolore che mi teneva compagnia si chiama coxalgia.

Com’è giunto alla decisione di farsi operare?

Alla ricerca di uno specialista ortopedico mi fu consigliato il Dr. Carnelli in MultiMedica. Già dal primo incontro mi sono subito sentito nelle mani giuste: senza preamboli e senza allarmismi Carnelli mi ha spiegato la patologia che mi affliggeva, i suoi effetti e come avrebbe potuto aiutarmi, intervenendo appunto chirurgicamente e inserendomi una protesi d’anca che avrebbe sostituito e svolto le funzioni di quella malandata. L’idea di non poter praticare i miei sport preferiti e che il dolore mi avrebbe accompagnato per il resto della vita, aumentando d’intensità fino al definitivo inutilizzo dell’articolazione non era sicuramente una prospettiva attraente. Da quell’incontro alla decisione di accettare di sottopormi all’intervento chirurgico, il passo è stato breve: una volta capito che non volevo rinunciare al piacere di praticare sport e che, soprattutto, avevo trovato la persona giusta non ho dubitato sul da farsi.

Ed è stata la scelta giusta?

Assolutamente si! Per questo motivo anche a maggio di quest’anno, quando il dolore si è presentato a sinistra, non ho esitato a mettermi in contatto con il Dr. Carnelli e a replicare, questa volta a sinistra, l’esperienza vissuta tre anni fa. E non ho sbagliato anche nella scelta dell’Ospedale che, con la sua organizzazione, mi ha seguito passo, passo, dal giorno di pre-ricovero, dedicato allo svolgimento degli esami necessari per sottoporsi a intervento, all’ingresso per la degenza (per la quale penso chiunque nutra un po’ di apprensione e di conseguenza un insieme di pensieri confusi su cosa aspettarsi), fino al passaggio al reparto di riabilitazione e al proseguimento del recupero motorio una volta dimesso. Ogni dubbio trova risposta ancora prima di emergere, quasi che ti leggano nel pensiero!

Per quanto tempo è stato ricoverato?

Circa un mese: una settimana presso la sede di Sesto San Giovanni nel reparto di Ortopedia dove mi hanno operato e, in seguito, per l’avviamento alla ripresa motoria, altre tre settimane all’Ospedale San Giuseppe di Milano, logisticamente più comodo per i miei familiari e per la prosecuzione della riabilitazione una volta tornato a casa, sotto stretto controllo di medici fisiatri e fisioterapisti coordinati dai Dottori Conti e Cosignani. Due complessi ospedalieri diversi per logistica e struttura architettonica, ma entrambi accomunati nella competenza e professionalità del personale con cui ho avuto modo di venire a contatto. Mi lasci fare apprezzamento particolare alla sensibilità di queste persone che a volte gestiscono circostanze davvero impegnative.

E ora, sport 24 ore su 24?

E no, adesso viene il bello! Armandomi di tanta pazienza dovrò aspettare qualche mese, in modo che l’arto riacquisti appieno la sua funzionalità prima di riprendere le mie attività preferite, così da non vanificare l’obiettivo raggiunto con l’intervento. Ora il protocollo di cura prevede la prosecuzione della riabilitazione, cosa che potrò fare ambulatorialmente seguendo il piano terapeutico consegnatomi alla dimissione. Ora sta a me riuscire a dosare le forze senza strafare.

Immagino sia un bel sacrificio per lei?

Beh quest’anno non ho potuto godermi appieno le vacanze in montagna, mi mancano le mie salite, una bella camminata in mezzo alla natura. La verità è che “mordo il freno” per rientrare subito nel vortice delle mie attività sportive, anche se inizialmente mi trattenni più per timore che per consapevolezza, seguire scrupolosamente i protocolli e i consigli degli esperti del settore, mi ha permesso di ottenere una gamba quasi nuova! …e potrei anche decidere di intraprendere qualche nuovo sport: magari togliermi lo sfizio e diventare un motociclista, ci penso da qualche tempo, ma non lo dica a mia moglie.

Cos’è la coxartrosi?

L’artrosi dell’anca, o coxartrosi, è la più comune malattia che possa colpire l’anca dell’adulto. E’ una malattia cronico-degenerativa, che può condurre ad una disabilità crescente nell’arco di alcuni anni. A cause della degenerazione progressiva, la cartilagine che riveste la superficie della testa femorale e dell’acetabolo si assottiglia, perde le sue caratteristiche meccaniche e non è più liscia e scorrevole. Col tempo si danneggia anche l’osso sottostante. Come conseguenza l’anca fa male e riduce la sua capacità di movimento diventando sempre più rigida e meno forte.

Chi ne è colpito?

La coxartrosi primitiva insorge in genere dopo i 50 anni e spesso colpisce soggetti con una familiarità per l’artrosi (un genitore, fratello o sorella affetto da artrosi). Se si considerano le forme secondarie, cioè conseguenti ad una patologia pre-esistente, l’età media di insorgenza si abbassa a 35-40 anni con una una prevalenza femminile, almeno nel nostro Paese.

Come si manifesta?

Chi è affetto da coxartrosi presenta un dolore tipico (coxalgia), localizzato in sede inguinale e talvolta in sede glutea. È frequente l’irradiazione del dolore lungo la parte anteriore della coscia fino al ginocchio. Poiché l’origine del dolore è essenzialmente meccanica, questo è provocato dalla deambulazione e dal movimento articolare, mentre viene alleviato dal riposo. Il dolore indotto dal movimento provoca per via riflessa la contrattura della muscolatura circostante, soprattutto dei muscoli extra-rotatori. Si osserva dunque una limitazione precoce della rotazione interna (ovvero il paziente non riesce più a ruotare la punta dei piedi “all’indentro”) e, più tardivamente, anche degli altri movimenti, fino al punto in cui semplici gesti come calzare una scarpa diventano impossibili

 

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