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Blog – Gruppo MultiMedica

Sonnolenza al mattino: colpa delle apnee notturne?

 Con la consulenza del dottor Sergio Harari direttore dell’Unità Operativa di Pneumologia e del Dipartimento di Scienze Mediche, Ospedale San Giuseppe MultiMedica, Milano.

C’è russare e russare. Al russatore occasionate capita di ronfare sonoramente una volta ogni tanto, per stress, stanchezza, qualche alzata di gomito, un’abbuffata serale, e gli basta cambiare posizione per smettere. Sistema empirico ma efficace è piazzargli una palla da tennis imbragata dietro la giacca del pigiama così da rendere scomoda la posizione supina e costringerlo a girarsi su un fianco.

Ma il “grande russatore“, cioè chi russa tutte le sante notti, da anni, è un malato che ha bisogno di cure. Nelle ore notturne, infatti, cade in apnea più volte, per periodi di circa 10 secondi: il suo cervello non riceve ossigeno a sufficienza e, per un meccanismo di autodifesa, spinge la persona a ridestarsi. Sono micro-risvegli, di cui il paziente, nel pieno della notte, non ha alcuna consapevolezza. Però ne risente (eccome se ne risente) nell’arco del giorno seguente. È il più celebre dei disturbi respiratori tra le braccia di Morfeo: la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS è l’acronimo inglese, dalle iniziali di Obstructive Sleep Apnea Syndrome). Nel nostro Paese versa in questa condizione oltre 1,6 milioni di persone ma soltanto il 3% di questo consistente bacino di pazienti riceve una diagnosi corretta. Eppure lo scenario clinico è serio in chi ne soffre, questa patologia quadruplica il rischio, rispetto alla popolazione generale, di subire episodi di infarto cardiaco o di ictus cerebrale e raddoppia l’eventualità di avere a che fare con un’ipertensione arteriosa di difficile controllo.

Bisogna sapere che durante il sonno la lingua perde parte del suo tono muscolare e tende a cadere lievemente all’indietro. Un fenomeno fisiologico, ma che potrebbe complicarsi qualora si verifichi un ulteriore restringimento della via respiratoria per la presenza di svariati intoppi: se il tragitto nasale è ostruito oppure ristretto per una deviazione del setto; per l’esistenza di polipi o per una congestione della mucosa; qualora tonsille e adenoidi siano ingrossate; per l’esuberanza di grasso che induce un aumento di spessore dei tessuti faringei e quindi una riduzione d’ampiezza del canale in cui fluisce l’aria (questi soggetti, infatti, sono spesso – ma non sempre – in sovrappeso, se non francamente obesi). I muscoli respiratori a quel punto intensificano gli sforzi per vincere l’ostruzione e, “risucchiando” aria, provocano a loro volta una chiusura ancora più serrata. Succede così che l’ossigenazione del sangue si impoverisce (e questa sua cattiva qualità diventa una grave spina nel fianco per tutto l’apparato cardiovascolare), mentre il sonno si fa superficiale, spezzettato da una raffica di molteplici, bruschi e brevi risvegli.

Nell’arco di una notte il numero di queste apnee può arrivare a superare le 20 o 30 per ogni ora. Mentre si russa, insomma, la persona smette ogni tanto di respirare. E non ha la benché minima percezione di ciò che accade. È convinto di dormire della grossa. Solo al mattino avverte il peso della notte tormentata: il cerchio alla testa, una certa spossatezza, la perdita di energia, le difficoltà a concentrarsi, la facile irritabilità, la tendenza ad appisolarsi. Tutte conseguenze che compromettono pesantemente la vita sociale e lavorativa. Ma si capisce anche perché la OSAS rappresenta una drammatica, frequente e misconosciuta causa di incidenti stradali per colpi di sonno. Si calcola che il 20% tutte le sciagure sulla strada sia riconducibile proprio alle notti mozzafiato. Non sempre il corteo dei disagi è così definito, al risveglio: spesso è presente soltanto uno dei disagi citati, talvolta nessuno. Eventualità, invece, da prendere sempre in drammatica considerazione sono gli… infortuni: per l’organismo (cuore e cervello sono gli organi più stressati per colpa del sangue scarsamente ossigenato), sul lavoro e alla guida di un automezzo.

Pertanto se al mattino ci si ritrova alle prese con una strana fiacca e un’importante sonnolenza o se il partner dovesse riferirei del nostro pesante russamento e, peggio ancora, dei ripetuti episodi notturni di apnea, è fondamentale bussare alla porta dello specialista (lo pneumologo e anche il neurologo), che senz’altro provvederà a prescrivere un esame rivelatore: la polisonnografia. Permette di registrare l’attività elettroencefalografica (e non solo) durante il sonno. È indispensabile per decifrare da che cosa può dipendere il difficile rapporto col riposo notturno e costituisce un test in grado, in special modo, di scovare la perfida OSAS. Questo esame viene effettuato nel laboratorio attrezzato di un Centro del sonno. Al paziente verrà calzata sul capo una cuffia munita di elettrodi che, appoggiati al cuoio capelluto, registrano il segnale elettroencefalografico. Altri sensori verranno applicati sul corpo al fine di registrare: l’attività cardiaca, i movimenti oculari, l’elettromiografia agli arti, gli atti respiratori (mettendo una fascia elastica sul torace o sull’addome), ma anche il flusso respiratorio nasale e il livello di saturazione dell’ossigeno nel sangue (tramite un rilevatore applicato al dito). Per un’intera notte, il polisonnigrafo sorveglierà la fisiologia notturna del paziente, consentendo di individuare la presenza e la gravità delle apnee ostruttive e il conseguente calo di ossigeno nel torrente sanguigno.

Per tirare un respiro di sollievo, categorici saranno il dimagrimento e la dieta. Ma il medico può anche intervenire con una respirazione forzata notturna: CPAP è il nome in codice, ovvero Continuous Positive Airway Pressure, ventilazione meccanica a pressione positiva continua, un apparecchio portatile che eroga un flusso d’aria tramite una maschera applicata al naso o al viso durante le ore notturne. Una benefica corrente aerea che assicura costante apertura delle vie respiratorie, impedendone il cedimento e quindi l’apnea. E una terapia da sposare tutte le notti, a tempo indeterminato, a meno che il paziente non recuperi condizioni fisiche capaci di abbattere drasticamente il problema (un importante calo ponderale)

Con pazienza e costanza, è però possibile ricavare notevoli e immediati benefici da questa procedura, che restituisce smalto alle performance quotidiane. Se ben tollerato, questo sistema si rivela spesso efficace al 1OO%. Esiste anche la possibilità di ricorrere a un dispositivo odontoiatrico: consiste nell’applicare durante la notte uno speciale apparecchio all’interno della bocca chiamato MAD, Mandibular Advancement Device, che spinge leggermente in avanti mandibola e lingua, così da schiudere maggiormente i canali entro cui l’aria scorre (evitando il collasso delle loro pareti quando si dorme). E c’è, infine, una via chirurgica: gli interventi (alcuni relativamente invasivi, altri assai più complessi) prevedono un rimodellamento e un allargamento delle vie respiratorie ristrette che bloccano il flusso d’aria durante il sonno, lavorando sulle strutture attorno alla gola (palato molle e ugola, tonsille e adenoidi, lingua, mascella e mandibola).

Ma non è una scelta valida per tutti.

Edoardo Rosati, giornalista e scrittore, direttamente dal suo libro “Dottore, mi dica. Le 100 verità sulla tua salute che devi conoscere” – Mind Edizioni.

 

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