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Blog – Gruppo MultiMedica

Tumore al fegato: classificazione e trattamento chirurgico

Il fegato è un organo fondamentale per il metabolismo umano e svolge molteplici funzioni, come l’eliminazione delle sostanze tossiche dal sangue, la produzione della bile e di altri enzimi necessari ai processi digestivi.
Il tumore al fegato rappresenta la terza causa di mortalità per neoplasia ed è causato dalla proliferazione incontrollata di cellule all’interno dell’organo.

Tipologie di neoplasia epatica

Esistono due tipi di tumore del fegato: primitivo e metastatico. I tumori primitivi insorgono nell’organo stesso, mentre i tumori metastatici sono causati dalla migrazione di cellule tumorali originate in altre parti del corpo.
Le forme più frequenti di tumori primitivi al fegato sono il Colangiocarcinoma, che insorge più spesso in un fegato sano e il Carcinoma epatocellulare, che si sviluppa a seguito di malattie come le epatiti o la cirrosi. Tra le forme più rare di neoplasie primitive di tipo maligno citiamo il Linfoma, i Sarcomi o i tumori di origine Endoteliale.
Inoltre, esistono tumori primitivi epatici di tipo benigno, come l’Emangioma, l’Iperplasia Nodulare Focale e l’Adenoma.
In termini numerici, il cancro metastatico al fegato è più frequente di quello primitivo e spesso deriva da tumori insorti nell’apparato gastroenterico, oppure nel pancreas o nel polmone, ma potenzialmente anche in altri organi.

Diagnostica per immagini

Le metodiche di imaging più impiegate per scoprire se nel fegato è presente una lesione sono l’Ecografia, la Tomografia Computerizzata (TC) e la Risonanza Magnetica (RM).
L’Ecografia è una metodica di primo livello, molto utilizzata, sicura ed efficace e che non prevede l’uso di radiazioni. Ha alcuni svantaggi: se il paziente soffre di meteorismo, il gas intestinale impedisce una corretta visione dell’organo. La stessa difficoltà si presenta nel caso di un paziente in sovrappeso. Inoltre, se il fegato è “grasso” o molto disomogeneo a causa di un’epatite, oppure se il fegato è cirrotico, può essere molto difficile riconoscere una lesione. In questo caso, si predilige l’utilizzo di metodiche di secondo livello, come la TC e la RM.
La TC del fegato si effettua con un mezzo di contrasto a base di Iodio, in modo da poter indagare più approfonditamente l’organo. Ha il vantaggio di essere un esame velocissimo, che consente lo studio di tutto il corpo nel giro di qualche minuto sfruttando le radiazioni ionizzanti (raggi X).
Infine, una delle metodiche per studiare il fegato con maggiore sensibilità e specificità è la RM, che viene sempre effettuata con mezzo di contrasto a base di Gadolinio. Ha il vantaggio di non erogare raggi X e, rispetto alla TC, permette una migliore visualizzazione dei tessuti molli. Ha come svantaggio il tempo di esecuzione, non inferiore a 20 minuti e richiede la collaborazione del paziente.

Chirurgia

Il trattamento chirurgico è indicato nei casi in cui il tumore è localizzato nell’organo e non si è diffuso al di là di questo.
Le strategie cambiano a seconda delle situazioni cliniche:
– la resezione: asportazione della parte, o di più parti, di fegato in cui è localizzato il tumore;
– il trapianto;
– la combinazione di più procedure, interventistiche e chirurgiche pure.
Se il tumore ha caratteristiche tali da poter essere asportato, si procede a intervento chirurgico.
È possibile asportare un volume epatico anche importante, fino al 75% del fegato; l’organo ha una alta capacità di rigenerazione (ricrescita), che però è ridotta o assente in caso di cirrosi o epatite.
L’intervento può oggi essere eseguito, oltre che con la tradizionale tecnica chirurgica laparotomica (con ampia ferita chirurgica addominale), anche con tecnica mini invasiva laparoscopica/robotica (con piccoli accessi cutanei), come già avviene per altri interventi.
Si utilizzano poi strumenti chirurgici capaci di sezionare e coagulare i vasi, che utilizzano ultrasuoni e radiofrequenza.

Il fegato è per convenzione suddiviso in otto segmenti, secondo la classificazione di Couinaud; le resezioni possono comprendere più segmenti anche non contigui, ma possono anche essere atipiche, cioè modulate alla domanda, così da essere oncologicamente corrette ma “parsimoniose”.

La procedura chirurgica è sempre e comunque eseguita con l’ausilio di ecografia intraoperatoria, che permette di asportare il tessuto malato conservando il più possibile il tessuto sano, favorendo così un intervento “sartoriale” e personalizzato alle esigenze del singolo paziente (tailored surgery).
L’ecografia intraoperatoria viene eseguita con speciali sonde che possono essere introdotte attraverso i trocar (i tubini che attraversano la parete per la tecnica mini invasiva).
Nel nostro ospedale, l’ecografia viene sempre eseguita in équipe con lo specialista radiologo, per garantire al chirurgo, e di conseguenza al paziente, una precisione assoluta; il radiologo ha conoscenza profonda delle immagini ottenute con le altre metodiche diagnostiche preoperatorie (TC, RM, Ecografia) e il loro confronto aumenta la sicurezza dell’intervento.
In alcuni pazienti si può usare un trattamento misto, sempre intraoperatorio, con resezione chirurgica e ablazione con radiofrequenza di altre lesioni.

Un’altra opzione terapeutica è il trapianto di fegato, che rappresenta un’alternativa valida soprattutto per i pazienti con carcinomi epatici di piccole dimensioni. Purtroppo, il punto critico è la carenza di donatori, anche se esiste la possibilità di donare anche una porzione di fegato da parte di membri della stessa famiglia.
La carenza di organi e la particolare difficoltà dell’intervento determinano la necessità che vi siano strettissimi parametri per definire chi possa giovare di un trattamento così radicale.
I pazienti possono rimanere in lista di attesa per tempi molto lunghi, per questo motivo è possibile far precedere una resezione chirurgica prima del trapianto.

La terapia chirurgia può essere preceduta o seguita dalla chemioterapia, nel primo caso, lo scopo è quello di ridurre le dimensioni del tumore per permetterne l’operabilità, nel secondo caso, per cercare di distruggere le eventuali cellule maligne residue.
Anche la radioterapia può essere associata alla chemioterapia in alcune situazioni particolari.
Il suo uso è meno diffuso e necessita di indicazioni da parte del medico radioterapista, che lavora in equipe con il chirurgo, il radiologo, l’epatologo e l’oncologo.

Da quanto detto, si percepisce come il trattamento di questa malattia necessiti di un approccio multi disciplinare, senza il quale non è più possibile progettare un percorso di cura per il paziente.
Dopo l’intervento, il paziente sarà ricoverato per alcuni giorni, mentre il recupero completo richiederà diverse settimane di tempo.
Nel caso dell’intervento con tecnica mini invasiva, il recupero sarà ovviamente più rapido, con minore ricorso ad anti dolorifici e ritorno alla normale attività, anche lavorativa.
Questo dipenderà sempre e comunque dalle condizioni generali precedenti e dal sacrificio di parenchima epatico eseguito.
Se il tumore si è diffuso dal fegato ad altri organi o non può essere rimosso chirurgicamente, il miglior trattamento resta la chemioterapia.

Dr. Luca del Re, Medico di Chirurgia Generale, Ospedale San Giuseppe, Gruppo MultiMedica.
Dr.ssa Roberta Trevisan, Radiologa, Ospedale San Giuseppe, Gruppo MultiMedica.

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